I mondiali di calcio del 2010 si svolgeranno in Sudafrica e avranno inizio l’11 giugno.
Secondo la tradizione la partita inaugurale vedrà in campo la squadra di casa, per il girone A: alle 16:00 al Soccer City Stadium di Johannesburg infatti si affronteranno Sudafrica e Messico.La finale sarà l’11 di luglio al FNB Stadium sempre a Johannesburg. La formula di gioco vedrà affrontarsi 32 squadre che, suddivise in 8 gironi da 4 squadre ciascuna, si contenderanno il passaggio agli ottavi di finali: passeranno il turno le prime due di ogni girone.
L'Italia farà il suo esordio il 14 giugno, sfidando il Paraguay a Città del Capo.

Spagna meraviglia, addio Portogallo

Ancora decisivo gol in fuorigioco
La Spagna si sbarazza del Portogallo, tenuto in vita dal suo portiere, Eduardo, e guadagna i quarti di finale del Mondiale, le colonne d’Ercole dalle quali non è mai tornata. Hanno risolto il rasoio di David Villa, al quarto gol in quattro partite, e la bandiera distratta di un assistente: era fuorigioco. L’episodio sporca il risultato, non i meriti dei campioni d’Europa. Villa è stato l’unico tenore all’altezza della fama e delle ambizioni. Male Fernando Torres - il cui sacrificio ha, paradossalmente, stuzzicato l’appetito della Signorina - malissimo Cristiano Ronaldo. Da un derby tra raffinati cesellatori e attendisti seriali, difficile che potesse uscire un incontro di sumo. Al massimo, un barile di camomilla. Ci siamo andati vicino.
La Spagna si alza dai blocchi come un’ossessa, tre tiri in sette minuti, due di Villa e uno di Torres, tutti parati da Eduardo. Dopodiché, si dedica a uno sterile «passing game». Il Portogallo non si scompone, Raul Meireles e Pepe lo tengono incollato al tamburello, e se Fabio Coentrao, 22 anni, è l’acceleratore, il navigatore si può dire che sia Tiago. Durerà un tempo. Cristiano e Simao si incrociano e si scambiano, Hugo Almeida balla coi tori, da solo. Del Bosque, lui, chiede a Villa e Torres di allargarsi, in modo da agevolare i tagli di Iniesta e compagnia. Una sventola di Tiago, deviata a fatica, una punizione di Cristiano Ronaldo, non trattenuta, e un’incornata di Hugo Almeida raccontano che non si gioca da una parte sola. Porta palla, la Spagna, non con il nitore e la rapidità che servirebbero. Xavi, Busquets e Xabi Alonso sono accerchiati.
Le difese, con le coperte tirate fino al collo, non tollerano intrusi. Ecco uno stacco di Tiago, una sgommata di Cristiano, una cartolina di Xavi. L’ordalia è un abbraccio fra madre e figlio, ma chi è la madre e chi il figlio? Alla ripresa, i duellanti continuano a sbirciarsi, a temersi. Capisco tenere larghi Torres e Villa, non così, però, soprattutto se Iniesta gira in folle e a Xavi manca la magia dell’ultimo tocco: mi smentirà, clamorosamente. I portoghesi aspettano e ripartono. Come Hugo Almeida, sul cui cross Puyol rischia una grottesca autorete. Il possesso palla degli spagnoli non garantisce né profondità né poligoni di tiro, la staffetta Torres-Llorente è un segnale, non altrettanto il cambio fra Hugo Almeida e Danny. Sarà un caso, ma Llorente si pianta nel cuore dell’attacco e, di testa, spreme subito un mezzo miracolo da Eduardo. Poi Villa, a fil di montante.
Hanno cambiato marcia, le furie. Il gol appartiene all’argenteria di famiglia e ai capricci del destino, passaggi nello stretto fino al tacco di Xavi per David Villa: Eduardo ne rintuzza il primo dardo, non il secondo. Fuorigioco, strilleranno le moviole. L’episodio spinge la squadra di Queiroz a un approccio aggressivo che non ha nelle corde. La prateria che si spalanca davanti all’arrembante Sergio Ramos ne costituisce la logica, e letale, conseguenza. Eduardo si supera, letteralmente. Queiroz richiama Pepe e Simao, dentro Pedro Mendes e Liedson. La Spagna governa, e Villa continua a «bombardare» Eduardo. In compenso, Tiago torna Tiago, Fabio Coentrao non ne ha più e Cristiano Ronaldo s’imbosca chissà dove. Un disertore. I portoghesi hanno retto un tempo. Non che gli avversari abbiano combinato sfracelli ma loro, nella ripresa, manco un tiro, manco un guizzo.
Cruciale, nell’economia della sfida, l’ingresso di Llorente, pericoloso anche nel finale su invito di Villa, tolto da Del Bosque un attimo prima che il serafico Baldassi cacciasse Ricardo Costa, colpevole di aver «sbracciato» Capdevila. Spagna-Paraguay, dunque. A Città del Capo ha vinto chi ha giocato, o almeno ha tentato di farlo, sino in fondo. Troppo comodo sedersi sulla riva del fiume e, dopo un po’, sparire.

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